La storia di Cabras

Ultima modifica 6 novembre 2023

Il primo documento storico in cui compare esplicitamente citato il nome di Cabras (domus di Masone de Capras) risale alla fine dell’XI secolo.
Tale documento rappresenta un vero e proprio atto con cui il giudice Orzocco II de Lacon-Zori confermava la donazione di alcuni beni fatta dalla nonna donna Nibata, che a sua volta li ricevette dal re Torbeno de Lacon-Zori. Grazie alle franchigie ricevute dalla donna, la domus si avviò a divenire una vera e propria “villa”, un castello dove i re amavano ritirarsi per utilizzarlo spesso come residenza, chiamandolo “casa del regno”. Di esso rimangono pochissimi resti sulla sponda orientale dello stagno di Mare ‘e Pontis, di cui alcuni interamente coperti recentemente con la terra, un altro, invece, conosciuto come “sa perda longa”, ancora visibile, perché affiorante dalle acque.

Nel 1164 il castello divenne rifugio sicuro per Barisone I de Lacon-Serra, il quale dovette  sfuggire ad un attacco combinato dai sovrani di Calàri e Torres. Evitato il pericolo, lo stesso re, alla fine del XII secolo, concesse ai monaci Benedettini di Montecassino  i pescosissimi stagni  di Mistras e Mare ‘e Pontis per il loro sfruttamento. Nei decenni successivi l’importanza della villa venne meno, in quanto perse la sua funzione militare e difensiva.  Gli attacchi esterni erano diminuiti e la vicina Oristano, capitale del regno,  si  era munita di proprie cinte murarie, per cui non ebbe più bisogno di avamposti pronti a intervenire in sua difesa in caso di nuovi attacchi. Da allora il paese venne citato esclusivamente per la sua importanza economica legata in particolare alla pesca, ma anche all’agricoltura e alla pastorizia. Abbandonò il ruolo di protagonista e divenne spettatore delle vicende giudicali. Dopo un periodo di pace apparente Barisone I morì nel 1185 e il suo Regno d’Arborea entrò in crisi perché conteso tra il figlio di primo letto: Pietro I e Ugone de Bas, di madre sarda e padre catalano, nipote della seconda moglie di Barisone, Agalbursa. 

Il periodo divenne molto confuso, ma seguendo la linea generazionale dei Lacon-Serra La Corona de Logu, cioè il parlamento statale di allora, intronizzò Pietro I, che pare avesse chiesto l’appoggio dei pisani, mentre Ugone, che  non rimase a guardare, cercò di recuperare il regno alleandosi con i genovesi. Si formò una sorta di diarchia condominiale e tutto divenne estremamente complicato, caratterizzato da lotte intestine e sanguinose. Tra tutte le complesse vicissitudini emerge la figura di Mariano II incoronato giudice dalla Corona de Logu, conosciuto dai molti perché fece costruire la torre all’ingresso della via dritta di Oristano, ma anche per aver combattuto e smembrato il Regno filogenovese di Calàri  e sconfitto i Doria per acquisire definitivamente di diritto e di fatto il titolo di giudice ed essere riconosciuto “vicario generale della sacrosanta Chiesa nel Regno di Logudoro”. Intanto Cabras restava una “villa” (bidda)  e faceva capo ad una curadoria.

Le curadorias erano territori appartenenti ai vari regni. Cabras apparteneva alla curatoria di Campidano Maggiori insieme ad altri ventitré centri con capoluogo Solarussa. L’antica Masone de capras  era rimasto, nonostante tutto, un paese molto importante e contava al tempo di Mariano IV circa duecento fuochi ovvero nuclei familiari. Ogni nucleo era probabilmente costituito da quattro-cinque  persone, pertanto è certo che Cabras contasse già allora circa mille anime. A capo di ciascuna villa giudicale, e quindi anche a Cabras, c’era un maiore de villa (un ufficiale), che veniva eletto curatore e durava in carica un biennio. Dirigeva tramite guardie giurate (Jurati) e funzionari curtensi (pradargios). Inoltre era assistito da una “corona” (tribunale) di notabili del luogo (maiorales).
Fu Eleonora d’Arborea, figlia di Mariano IV e Timbora de Roccaberti, ad aggiornare “Di bene in meglio” e promulgare la “Carta de Logu” per disciplinare in modo organico, coerente e sistematico l’ordinamento giuridico dello stato sardo indipendente dell’Arborea.

A cavallo del trecento, la vita a Cabras trascorse abbastanza tranquillamente, ma dopo la prima metà del secolo si ha in Sardegna una feroce guerra tra i Sardi giudicali e  i Catalano- Aragonesi e Cabras, come tutte le “ville” del Giudicato dovette fornire uomini, vettovaglie e denaro.  Nel 1338 il paese partecipò all’elezione dei rappresentanti popolari che firmarono la temporanea pace tra la giudicessa Eleonora d’Arborea e il re d’Aragona Giovanni I il Cacciatore.
Dopo la caduta del Giudicato d’Arborea sanzionata nel 1410 Cabras divenne parte integrante del marchesato di Oristano.  
Alla fine del Quattrocento Cabras passò alle dirette dipendenze  della corona spagnola dopo il matrimonio tra Isabella di Castiglia e Ferdinando I d’Aragona. Le scorrerie musulmane di fine secolo infersero al paese un duro colpo e il territorio fu assalito e depredato tanto da essere esentato dal pagamento di tasse regie per tre anni.

Nel 1637 Cabras fu assalito dai soldati francesi del conte d’Harcourt, sbarcati sulla spiaggia di Torre Grande, ma i paesani riuscirono con coraggio a ricacciare “Is sodraus grogus” , i soldati gialli in mare aperto. Altra data importante da ricordare per la storia di Cabras è i 06 luglio del 1652, quando Filippo IV di Spagna spinto dal continuo bisogno di denaro dovette cedere la peschiera e lo stagno di Mare ‘e Pontis al banchiere genovese Geronimo Vivaldi, che  a sua volta lo cedette successivamente alla nobile famiglia di don Salvatore Carta.

Nel 1720 la villa” passò ai duchi di Savoia, principi di Piemonte divenuti re di Sardegna. Sotto i piemontesi Cabras fece parte del marchesato d’Arcais che faceva capo a don Damiano Nurra. In effetti i cabraresi nutrirono stima nei confronti di don Damiano, considerato un vero e proprio benefattore. Il resto è storia abbastanza recente, legata soprattutto alle lotte contro i detentori dello Stagno da parte dei pescatori che  lo hanno ricevuto in concessione dalla Regione Sardegna nel 1981 e che ora continuano a gestire non senza problemi.


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